Un parere di parte sulla cucina italiana

Siamo circondati da luoghi comuni, spesso consumati dalla corsa di bocca in bocca, che finisce per spiegazzarne i contenuti e svilirne il fascino. Eppure mai come in questo caso un luogo comune si fa legge: alla cucina italiana spetta un impareggiabile primato in quanto indiscutibilmente merita la palma di cucina migliore al mondo. Ebbene se parlare di mondo potrebbe suonare pretenzioso se il mondo non lo si è girato tutto, sarà meglio contestualizzare e cedere la parola all’esperienza del confronto.

La cuisine francese, che sia nouvelle o meno poco importa, per quanto certamente affascinante con la sua rara pasta rigorosamente scotta e le sue salades ossia le ricche insalatine non può competere con le nostrane lasagne o con un bel piatto di tortelli fumanti. Un plauso tuttavia al risparmio di calorie: cetriolini e carotine sono indiscutubilmente meno bravi a perlustrare il corpo alla ricerca di un nuovo habitat a differenza dei carboidrati made in italy che si accomodano beati su cosce e sederi facendone la loro nuova casa.

Ma lasciamo la Tour Eiffel con le sue foglioline alla moutarde e arrampichiamoci in un paese più freddo, a est, come l’Ungheria dove una deliziosa Budapest sonnecchia nella neve invernale. Ebbene per quanto brodi e salsette consolino dal freddo, qui si esagera. Polpette o bocconcini di carne perennemente alla deriva in tazze (tazze!) di salsina generalmente in compagnia di crauti e verdurine certamente mettono alla prova la fantasia che si suicida nel brodo.

Per non parlare dell’Inghilterra. La sofisticata e costosa Londra che si rappresenta nei suoi fish and chips non può competere coi raviolini o anche solo, si fa per dire solo, con una sana pastasciutta al basilico fresco. Insomma è ormai anacronistico il proverbio “mogli e buoi dei paesi tuoi”, ma se non importa la sposa, il menù invece sempre e solo rigorosamente italiano.